Lettera al mio cellulare

Caro il mio cellulare,

che hai deciso in un giorno di  estate di lasciami d’improvviso, spegnendoti del tutto, senza possibilità alcuna di riaccenderti.

Perché lo hai fatto? Così, d’improvviso, credevo io senza segnali premonitori, quindi ancora più delusa e arrabbiata. Mi sono sentita addirittura abbandonata da te, che sai quanto ti uso durante il giorno. Ma poi, riflettendoci, mi sono ricordata quasi con imbarazzo di tutti quei micro segnali che in  realtà avevi cominciato a darmi varie settimane prima, e che io, convinta fossero altri motivi, e presa da altri pensieri, ho sottovalutato. Però, voglio dirtelo, mi hai proprio delusa. Beh, ora che ho tirato fuori il “rospo”, e ti ho detto come mi sono sentita e che sono arrabbiata con te, vorrei però anche dirti cosa ho intravisto in questo grosso imprevisto e cosa ho dovuto (in realtà voluto e potuto) far emergere in me e tirare fuori e vivere di me.

Come sai per più di 24 ore sono stata isolata senza di te. Prima di poterti riusare. In realtà poco più di 24 ore non è un tempo obiettivamente lunghissimissimo, ma a me son sembrate ore interminabili, infinite. Ti condivido alcune mie mini esperienze e riflessioni: all’inizio insieme al dispiacere  perché avevo messaggi urgenti da scrivere, notifiche e messaggi da leggere e ricevere, notizie da vedere, ci sono stata molto male, e soprattutto perdere per non si sa quanto tempo la sensazione gratificante di essere sempre raggiungibile da coloro a cui sono affezionata e che non posso raggiungere subito in altro modo, e tu sai che ponte di comunicazione sei in alcuni periodi soprattutto, è stata una esperienza faticosa e urticante. Io che  a volte ahimè giudico e critico e rimprovero chi sta tante ore al cellulare, ho sperimentato anche in me una piccola forma di dipendenza da cellulare: piccola ma esistente: non mi sembrava di aver perso solo te, caro il mio cellulare, ma mi è sembrato di aver perso  quasi una specie di stampella, una specie di contatto immediato con gli altri e con il mondo, come se mi fossi convinta un po’ in un angolino dentro di me che in fondo il cellulare è “lo” strumento principale per comunicare subito e con immediatezza, per poter ricevere messaggi gratificanti dagli altri, per poter sperimentare vicinanza con gli altri.

Ammetto che tu come cellulare a volte hai anche questa funzione-ponte, soprattutto quando ho poco tempo e voglio comunque comunicare e inviare messaggi di amicizia, affetto, o anche semplicemente informazioni da ricevere e dare con urgenza. Già. L’urgenza, ma è tutto sempre urgenza? Ecco, una delle conseguenze del tuo lungo spegnimento tecnico, caro cellulare, è stata rendermi conto meglio che stavo considerando tutto urgente, tutto veloce, tutto immediato. Eppure…eppure io so cosa vuol dire vivere anni anche senza cellulare: come dico a volte scherzando a mio figlio, io sono nata nell’altro secolo, letteralmente, nel secolo del 900 nel quale ancora non esisteva l’abitudine ad avere un proprio cellulare portatile. E…incredibile evento, si riusciva a comunicare lo stesso, si costruivano reti e rapporti di conoscenza e amicizia lo stesso, si riusciva a raggiungere gli altri, la propria casa, le destinazioni di viaggio lo stesso. E soprattutto non c’era cosi forte per esempio in me la tentazione sensazione di sentirmi una principessa sperduta e isolata nel mondo senza te, mio caro cellulare, ma anzi ti dirò, e so che ti sembrerà strano, che gustavo di più, molto di più il mio tempo, avevo un concetto di urgenza e vicinanza più bello e rasserenante, ero più paziente, guardavo molto più negli occhi le persone, con più attenzione, e paradossalmente c’era più comunicazione anche più profonda e accurata tra me e gli altri. Non davo per scontato che bastava qualche veloce messaggio per sentirsi informati davvero, per informare, per costruire comunicazione chiara ed efficace. Coltivavo di più la libertà interiore… insomma, per certi versi stavo meglio.

Durante quelle ore in cui non ho potuto comunicare attraverso te, e non ho potuto ricevere messaggi e inviarne attraverso te, dopo qualche momento di spaurimento e di rabbia, ho iniziato a guardami intorno dentro e  fuori di me, ho rivisto la mia pazienza e la mia capacità di fare cose anche più lente, con ritmi meno vorticosi, ho guardato più negli occhi gli altri, ho ripreso più contatto anche con me stessa e i miei pensieri ed emozioni, e anche con la mia capacità, che temevo di avere ormai in poca quantità, di rallentare dove bisogna rallentare, anche per gustare di più la vita e gli altri, di divertirmi e rilassarmi non per forza guardando te ma alzando lo sguardo e il cuore,  verso orizzonti interiori e visivi più vasti e belli.

Ho ricominciato a vivere meglio il mio momento presente, i miei momenti presenti, con una calma e tranquillità  che non ricordavo molto di avere in queste modalità. E’ stata una bella esperienza, ho riassaporato la bellezza di non ricercare per forza l’immediatezza anche del comunicare a tutti i costi, ma ho riscoperto cose che non vedevo più e riflessioni che non facevo più con calma. Si mi sentivo un po’ marziana senza te, ogni tanto ricascando in qualche momenti di ansia tipo “ e se proprio ora che non mi funziona il cellulare qualcuno mi sta inviando un messaggio urgente, fondamentale, a cui dovrei rispondere subito? Come faccio?”…. ma poi ho fatto prevalere il mio buonsenso un po’ ritrovato di avere la pazienza di sdrammatizzare, e mi ha divertito ripensarmi negli anni della mia adolescenza negli anni 80 in cui si viveva benissimo anche senza te, caro cellulare, e si riusciva prima o poi a comunicare e ricevere messaggi  in altri modi.

Certo, non si poteva trovare, cercare, inviare messaggi e ricevere messaggi urgenti subito e in tutti i momenti, e questo a volte era un grande problema, soprattutto perché non si potevano risolvere urgenze urgenti come invece si può fare attraverso te, caro cellulare. Ma devo anche ammettere e dirti, caro cellulare, che quando dopo più di 24 ore ho potuto riusarti, in versione nuova e migliorata, sono stata tanto contenta. Ma proprio tanto. E’ bellissimo poterti usare anche come ponte, anche per donare messaggi anche brevi ma veri e intensi alle persone a me care, perché vedo che se ho amicizia e vicinanza e affetto, tutto questo lo posso mettere e far arrivare anche in piccoli brevi e urgenti messaggi. Ma voglio anche dirti, caro cellulare, che mi conserverò nel cuore l’esperienza anche faticosa che ho fatto in quel tempo senza di te, in quelle poco più di 24 ore, e ora che posso di nuovo usarti come e quando voglio, ho una consapevolezza migliore, e sto riuscendo un pochino di più a far emergere il buonsenso e la lenta entusiastica immediatezza (sembrano parole con significati opposti ma ora non lo sono più  per me, anzi si integrano) di quella ragazzina Francesca degli anni 80, che ora è una donna e che non ha perso quella gioia di comunicare e ascoltare e fare ponti tra me e gli altri, e che con te, ha solo uno strumento in più per farlo, uno strumento che non deve  essere occasione per guardare meno con gli occhi e con il cuore, ma che se uso bene può far passare anche attraverso di lui  amore e amicizia.

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