Controllare o amare
Tutti preferiamo essere amati invece di essere controllati in qualcosa.
E tutti in teoria vogliamo saper amare, soprattutto amare. A volte però confondiamo il controllare con l’amare, e siamo tentati di mettere la nostra serenità in quanto e come riusciamo a controllare. Controllare cosa? Controllare ciò che all’esterno può succedere e che può essere doloroso per noi, controllare se gli altri davvero ci vogliono bene, e se ciò che dicono o non dicono, fanno o non fanno, ha un significato buono e rassicurante verso di noi oppure no. Controllare anche tutto ciò che in noi non ci piace, e che vorremmo eliminare dal nostro cuore, cose (emozioni, ecc) che a volte vorremmo cancellare per sentirci e vederci più buoni, più in gamba, più meritevoli e degni di essere amati.
E siccome il controllare richiede molto impegno e concentrazione da parte nostra verso noi stessi, gli altri, e le situazioni, a volte potremmo essere tentati di considerare il nostro controllare come una forma di attenzione e amore, o come un “giusto” sforzo e dovere che dobbiamo mettere in pratica per non essere sorpresi, ingannati, delusi, per non ricevere dispiaceri dagli altri, per fare in modo che nessuno e nessuna situazione possa ferirci troppo, destabilizzarci, crearci problemi, e farci ricontattare quelle paure, quel senso di vulnerabilità che a volte sentiamo e vediamo in noi, e che tenacemente a volte nascondiamo anche a noi stessi, preferendo la rabbia o lo scoraggiamento, per timore di dover accettare che anche noi siamo vulnerabili, imperfetti, e a volte impauriti. C’è un controllare che è necessario, sano e giusto, quando per esempio per attraversare una strada dobbiamo essere attenti e controllare il semaforo, oppure il controllare se ci sono reali pericoli in qualche situazione e per potersi proteggere, e per poter prevenire ed evitare problemi e rischi, o il controllare che le cose vadano fatte bene, o il meglio possibile, soprattutto in un lavoro o un impegno da realizzare, o controllare come sta l’altro, o, ancora, controllare che i nostri pensieri e le nostre emozioni forti non prendano il sopravvento in noi fino al punto di farci reagire troppo impulsivamente in alcune situazioni. Di esempi sul controllare in modo sano e giusto ce ne sarebbero moltissimi.
Ma….. c’è un modo di controllare noi stessi, le situazioni, gli altri, che in realtà diventa un rinunciare ad amare, diventa un imprigionare noi stessi e il nostro modo di vedere gli altri e le situazioni in una gabbia che non ci aiuta ad amare e a vivere pace interiore, libertà interiore, gioia.
Alcuni atteggiamenti che scegliamo, sono dei modi di controllare che come un boomerang fanno del male a noi per primi, e che ci illudono di avere una sicurezza, un potere su qualcuno o una situazione, ci illudono di trovare sicure risposte e spiegazioni, sicure interpretazioni, e invece in realtà ci danno confusione, ci creano insicurezze, ci fanno prendere abbagli con noi stessi, con gli altri e con le situazioni.
Solo per fare alcuni esempi, quando, nell’interagire con gli altri ci concentriamo, anche solo dentro di noi, sul chiederci insistentemente, cosa quella persona nasconde dietro quelle sue parole, quel suo atteggiamento, perché “sicuramente” ha cattive e misteriose intenzioni verso di noi, perché “sicuramente” ha chissà quali segreti o chissà quali reconditi brutti o tristi motivi o scopi, o quando ci concentriamo troppo sull’interpretare, sviscerare, evidenziare ogni virgola, ogni tono di voce, parola e scelta diverse da ciò che vorremmo o ci aspettiamo, dando dentro di noi la nostra interpretazione spiegazione e sentenza che secondo noi è “sicuramente” quella esatta e vera; a noi sembra di poter cosi metterci al sicuro da brutte sorprese, da cattiverie altrui, da problemi e nostre insicurezze, e di essere così preparati e forti su tutto,
ma in realtà scegliendo il controllo, in questo modo, togliamo a noi stessi serenità, libertà interiore, sicurezza, pace interiore, e ci autoimprigioniamo, facendo male a noi stessi e agli altri, e ci perdiamo la possibilità e occasione di entrare davvero in relazione costruttiva e gioiosa con gli altri, perché li inquadriamo, li etichettiamo, ci difendiamo troppo, e li trattiamo secondo le nostre convinzioni e paure, e secondo la nostra rabbia, non li incontriamo però così davvero per come sono loro, splendide, imperfette creature come ognuno di noi.
E a volte o spesso vogliamo controllare anche Dio, a volte Lo preghiamo cercando di “piegarLo” a ciò che vogliamo noi, e se non otteniamo da Lui un Aiuto, una Grazia esattamente come e quando desideriamo tanto, spesso ci allontaniamo da Lui convinti che o non esiste o non gli importa di noi. Perché siamo tentati di sapere meglio di Dio cosa è davvero bene per noi e gli altri, e come fare, e arriviamo a pensare che quello che succede nella nostra vita, problemi e dolori, siano solo la “prova” inconfutabile che Dio o non ci ama o non esiste.
A volte tendiamo anche a confondere l’aiutare gli altri con il “dovere” da parte nostra di controllare e gestire le persone e addirittura le loro emozioni, ad esempio quando li incitiamo a non piangere, a non esprimere la loro sofferenza, o quando ci arrabbiamo se hanno emozioni, pensieri, desideri e scelte diversi da ciò che per noi è l’ottimo da fare per realizzare, riuscire, essere buoni e bravi, e felici, e per non sentire tenerezza e la fatica di comprendere e aiutare, o per il timore di ricontattare anche i nostri dispiaceri, debolezze, paure, preferiamo sembrare indifferenti, e ignorare cosa stanno vivendo gli altri.
E….controlliamo anche così tanto il nostro essere creature imperfette e con un “misto” di emozioni e di bene e male, che a volte o spesso preferiamo non agire, non fare scelte, non andare verso gli altri se prima non abbiamo avuto la certezza che ci tengono a noi, che ci accettano, che ci vogliono bene e che ci capiranno, o non proviamo a fare scelte nuove perché aspettiamo prima di saper fare bene e ottimamente qualcosa, di avere tempo e occasioni “speciali”, e così ci perdiamo occasioni, momenti, possibilità, in attesa di eventi più eclatanti e chiari. Così però annulliamo un po’ noi stessi, convinti invece di renderci forti e furbi, e ci perdiamo e facciamo perdere agli altri la gioia di cui siamo capaci, di donare anche agli altri, l’amore che potremmo donare, l’attenzione, l’aiuto, l’ascolto, e ci perdiamo e facciamo perdere il creare occasioni belle anche apparentemente piccole, perché ci mettiamo in attesa di “grandi” occasioni, momenti, possibilità….
Controllare o amare?
Penso che controllare possa essere efficace e buono quando è unito all’amare, quando il controllare diventa un lavoro con se stessi per esempio per incanalare e sublimare ciò che c’è nel nostro cuore, e che può diventare dono e non “fame” egoistica per accaparrarci attenzione, affetto e tempo da parte degli altri, per poter amare davvero gli altri, invece di volerli sempre pronti ad amarci, capirci, aiutarci, e non perché non debbano aiutarci, amarci, capirci, ma perché è solo l’amore, il vero amare, che può renderci liberi da noi stessi e da ciò che gli altri pensano o fanno o dicono, e in più solo amando veramente gli altri, (ognuno in modo unico e speciale, per come la persona è, unica, con il suo carattere, sensibilità e idee), possiamo aiutarli anche senza accorgerci, a liberare se stessi dal proprio egoismo, dalla loro “fame” egoistica che hanno anch’essi a loro volta che potrebbe interagire con noi in modo poco costruttivo.
Perché quando rimettiamo in moto il nostro amore per loro, il nostro volerli amare anche quando non ci amano come vorremmo e non fanno ciò che vorremmo, allora facciamo l’unica cosa che può aiutarci a ricontattare la nostra vera forza, e anche la nostra vulnerabilità, scoprendo con gioia che la nostra vulnerabilità non è una cosa mostruosa, non è una nemica, ma se accolta e vissuta con amore prima di tutto da parte nostra con noi stessi, possiamo renderla e viverla come un dono, uno strumento in cui l’Amore di quel Dio che ci ama più di quanto crediamo e speriamo, può passare e aiutare, e costruire; possiamo ricontattare, amando davvero, anche la nostra pace e gioia, la nostra libertà interiore, e così possiamo aiutare (anche con frutti non sempre immediati ed evidenti) anche gli altri ad amare davvero, ad amarci davvero, a ricontattare a loro volta la loro forza e anche la loro vulnerabilità senza averne troppa paura, ma considerandola anch’essa un dono, uno strumento in cui l’Amore può passare e costruire.