La chiave dell’empatia
Un piccolo e semplice esame medico, e una infermiera che lo esegue. Fin qui, qualcosa che succede spesso. Ora però vorrei condividervi anche cosa è avvenuto tra le pieghe di questo episodio: poco tempo fa ho dovuto sottopormi a un piccolo ma fastidioso esame medico. E, come mio solito prima di un esame, spesso dico a chi me lo sta per eseguire, che ho un po’ paura. E anche quella volta, l’ho detto. Ebbene sì. Di solito non mi faccio molti problemi a dire che ho paura o sono preoccupata. E da lì, ho sperimentato e vissuto qualcosa di profondamente prezioso. L’infermiera che stava per eseguire quel piccolo esame ha fatto qualcosa di prezioso e importante: mi ha risposto con…empatia. Mi ha risposto infatti che aveva intuito che avevo un po’ di paura/ansia, mi ha sorriso, e subito ha scherzato con me, e mi ha proposto con semplicità di imparare alcune dritte e collaborare con me per rendere quell’esame il meno fastidioso possibile. Mi ha proprio chiesto se volevo imparare e collaborare con lei, “insieme” a lei, mi ha detto, per affrontare quel momento bene e per essere più serena e rilassata. E subito mi ha aiutato dandomi piccoli suggerimenti anche pratici per rilassarmi e fare azioni che mi avrebbero aiutato. Risultato: mi sono rilassata, mi sono rasserenata più velocemente, e mi sono sentita accompagnata, capace di fare qualcosa anche io per migliorare la situazione, e “insieme”. Alla fine dell’esame, (esame che ha avuto anche un esito buono) l’ho ringraziata, e le ho detto quanto bene mi aveva fatto con il suo atteggiamento e comprensione. Questa piccola esperienza, mi ha donato qualcosa di grandissimo, e ho riflettuto su quanto può essere bello cercare, trovare e donare la chiave giusta per entrare in empatia e amore con gli altri.
Rivedo ora qui con voi cosa ha fatto quell’infermiera:
mi ha accolta e accettata anche nei miei limiti. Mi ha accolta non solo esteriormente, ma anche prima dentro di sé: con avermi accolta intendo anche che non si è stizzita o arrabbiata perché avevo paura, non mi ha giudicata, non mi ha detto che ero troppo ansiosa ed esagerata a sentire un po’ paura, non mi ha intimato di non avere paura e di non sentire paura, non mi ha colpevolizzata. Se ci riflettiamo un attimo, quante volte ci sentiamo accolti così? Soprattutto nei nostri punti deboli e paure? E quante volte noi accogliamo così gli altri, soprattutto coloro che hanno paure o fanno vedere loro difetti e problemi? Non sarà che a volte o spesso scegliamo, (perché è una scelta anche se a noi sembra solo una nostra reazione causata dalla paura o difficoltà dell’altro) di “smuovere” la persona che ha paura o ha una difficoltà cercando di convincerla che non deve sentire e avere paura, che è esagerata e sciocca se ha paura? E quante volte mettiamo tutti i nostri pensieri ed energie a cercare di far cambiare quella persona e il suo stato d’animo e ad arrabbiarci con lei se non cambia? Non sarà che in fondo in fondo trattiamo così chi mostra un suo punto debole o difetto o egoismo perchè….in realtà sotto sotto noi per primi odiamo quelle parti di noi che consideriamo solo deboli, poco belle, e che giudichiamo inutili e che non hanno diritto di esserci? E invece no. Ogni parte di noi ha diritto di esistere e di essere accolta e aiutata, prima di tutto da noi stessi.
Quell’infermiera subito ha scherzato con me. Notate bene: ha scherzato CON me, non su di me. Ha creato un ponte e dialogo, seppure scherzoso, con me, non su di me o contro me. Quante volte noi siamo convinti che se rimproveriamo, giudichiamo, lanciamo frecciatine con battute scherzose, per non dire più apertamente che siamo arrabbiati, questo sia davvero solo uno “scherzare”? e quando poi la persona su cui scherziamo si dispiace o si arrabbia le diciamo pure che è permalosa e che stavamo solo “scherzando” e che è lei esagerata che si offende e non capisce? la differenza, se uno scherzare è amore o no, fa bene o no, è secondo me se scherziamo con l’altro, con il desiderio di creare un dialogo e ponte di allegria e gioia, o se scherziamo sull’altro per smuoverlo, correggerlo, criticarlo o vendicarci. Ed è una grande differenza, che sembra invisibile a volte. Ma c’è.
Mi ha proprio chiesto se volevo imparare e collaborare con lei, “insieme” a lei…quell’infermiera non mi ha considerata e giudicata meno brava e meno importante e capace di lei solo perché stavo facendole vedere una mia paura, non mi ha esclusa considerandomi non capace di collaborare, ma mi ha subito inclusa, mi ha subito proposto, rispettandomi, senza imporre neanche il suo prezioso aiuto, di collaborare con lei. Così com’ero e come mi sentivo in quel momento, in difficoltà. Ha avuto comunque fiducia in me e nelle mie risorse interiori anche se non le vedeva chiaramente e se io facevo di tutto, ripiegata su me stessa e sulla mia paura, per non farle vedere prima di tutto a me stessa. Quante volte noi scegliamo o di sostituirci all’altro che in quel momento sembra essere solo il suo limite e paura, o scegliamo di escluderlo e di non crederlo una persona che può collaborare? O quante volte preferiamo credere quella persona che si comporta e ha emozioni e desideri diversi dai nostri, strana, inferiore, incapace, e glielo sottolineiamo in vari modi, decidendo al posto suo, e scegliendo quindi di non rispettarla? E quante volte preferiamo rimanere nella convinzione che se quella persona reagisce in modo diverso da noi, se non sa fare le cose come le faremmo noi o non le vuole fare come le facciamo noi, allora è sbagliata? E preferiamo continuare a fare così Invece di accettare che ha altri tempi, modi di fare, altre risorse o abitudini e modi di risolvere?
E subito mi ha aiutato. Quell’infermiera mi ha aiutato, e subito. Non ha creato lontananza facendomi notare ciò che non riuscivo a fare, o cosa avrei dovuto fare, ma, come un buon samaritano, mi ha “raggiunta” lei e prima di sapere con certezza se io avrei collaborato o no, e si è concentrata sull’aiutarmi, sia dandomi aiuto pratico, sia aiutandomi ad aiutare me stessa, credendo in me e nella mia possibilità di rasserenarmi. Ora, se volete, provate a immedesimarvi e a vedere se anche voi vi sentireste amati e aiutati dall’atteggiamento ed empatia di quell’infermiera, e a come vi sentireste se qualcuno attua con voi ciò che voi e anche io siamo tentati a volte di attuare (giudizio, presa in giro, rimprovero, pretesa che l’altro cambi emozione ecc) verso gli altri, soprattutto quando non sentono, agiscono come vorremmo noi. E se volete, il primo atto di empatia, accoglienza e aiuto, fatelo proprio verso quella persona così a volte impaurita e affaticata che vi è prossima…voi stessi. E poi, continuate facendolo con ogni persona…con amore.