Di meno o…diverso
“Certo però, io non riesco e non riuscirò mai ad essere come quella persona così brava, così bella, così capace, che realizza e fa cose così belle per gli altri e che piacciono così tanto. Io sono e faccio….di meno”…quante volte ci capita di pensare e dire più o meno così? Almeno qualche volta nella vita, sicuramente. Quando siamo affascinati e colpiti dalla bellezza, dalle capacità, dalle bravure degli altri, e da come sanno amare e come e quanto realizzano ciò che desiderano e sono tanto amati, possiamo essere felici per e con loro, oppure… possiamo iniziare a paragonare noi stessi, le nostre capacità, e ciò che facciamo, a loro. E a volte ci convinciamo che noi diciamo cose meno interessanti, facciamo cose meno utili e belle, e che non riusciamo a essere così simpatici e capaci, che insomma siamo di meno di quella o quelle persone. Succede di solito per alcuni motivi: se stiamo disprezzando in qualche modo noi stessi, o se stiamo affrontando qualche sofferenza con scoraggiamento, oppure quando come criterio per sentirci e vederci persone importanti, capaci, simpatiche, utili, usiamo il criterio di un modello teorico di come bisogna essere secondo noi; e anche quando crediamo che il “tanto” e in un certo e solo modo, sia l’unica cosa che ha valore, che è utile, che rende importanti, bravi, capaci, indispensabili. Ma ogni volta che scegliamo questo tipo di “strade” e percorsi dentro di noi per guardare noi stessi e valutarci e per guardare qualcuno e valutarlo, facciamo tanto male a noi stessi, raccontiamo a noi stessi bugie convinti che siano la verità. E scegliamo, anche senza accorgerci, la strada dell’invidia, una invidia che spesso usiamo come arma contro noi stessi per autodenigrarci, o per denigrare l’altro; e a volte per non sentirci noi “di meno” dell’altro, scegliamo di reagire a quella sensazione di poca autostima cercando di concentrarci o solo su tutti i nostri difetti e sbagli, o solo su tutti i difetti e sbagli dell’altro come giudici implacabili, per, secondo noi, calmare il dolore di sentirci in qualche modo…inferiori e meno bravi.
E se invece decidessimo di accettare la verità? Quale verità? La verità su noi stessi per esempio, la verità cioè che noi andiamo bene così come siamo, e siamo utili, preziosi, belli così come siamo, e che ogni volta che cerchiamo di rinchiuderci e difenderci in un modello di persona che vorremmo essere, doniamo poco di noi, non ci facciamo riconoscere, e risultiamo meno piacevoli di ciò che siamo, e meno avvicinabili, come se mettessimo un invisibile muro tra noi e gli altri. Il vero criterio secondo me che porta alla verità su noi stessi è quello in cui accettiamo di essere semplicemente e splendidamente….diversi, diversi dagli altri, da ogni persona, e unici, di una unicità che ha le sue caratteristiche, i suoi tempi diversi dagli altri, anche nel fiorire. Noi a volte o spesso crediamo che l’unico modo per amare gli altri e farli felici, e per essere ai loro occhi importanti e piacevoli per loro, sia essere e donare tanto, il tanto, tanto come concetto anche astratto, un tanto che non lasci buchi, vuoti, silenzi, lentezze, limiti o problemi. E invece no. Invece sempre anche un piccolo dettaglio, una piccola cosa fatta con amore, addirittura un nostro limite accettato e accolto da noi con umiltà e amore e fiducia, possono essere importanti e insostituibili strumenti di bellezza e aiuto per gli altri. Ciò che a noi sembra troppo poco, troppo fragile e incompleto, ciò che ci sembra da parte nostra qualcosa di poco bello e poco utile, può essere per un’altra persona o più persone qualcosa di importantissimo che le arriva al momento giusto e può aiutarla a cambiare sé stessa o la sua vita in meglio. Per permettere però a noi stessi e a come siamo e a cosa possiamo fare di accorgercene, dobbiamo deciderci a metterci nell’umiltà, una sana umiltà, che ci aiuti ad accettare che noi non possiamo mai sapere con certezza cosa è utile, prezioso, bello, per qualcuno, cosa è tanto o poco per qualcuno, perché ogni persona è diversa, ogni persona ha un suo personale cammino, ha personali caratteristiche e bisogni, e quello che è chiesto a noi non è di dargli il tutto come se fossimo Dio, quello che è chiesto a noi non è di dargli un teorico asettico e perfezionistico modello di come vorremmo essere, che sia bravo e bello come le persone che ammiriamo tanto e di cui vorremmo avere qualità e capacità, ma di donargli il nostro unico dono, noi stessi con le nostre uniche caratteristiche.
Smettiamo di considerare utile e bello solo il “tanto”, il tanto secondo i nostri criteri, e scegliamo ogni volta di accettare con fiducia ciò che noi siamo, ciò che noi possiamo fare, le caratteristiche che abbiamo, e che sono importanti per amare (ed essere riconosciuti e conosciuti davvero, e anche apprezzati e amati), per essere utili.
Passiamo dalla paura di essere di meno degli altri, alla fiducia, certezza e gioia di essere unici, diversi, di essere doni belli e preziosi così come siamo. E questo vale anche per gli altri: anche quando siamo tentati di considerare qualcuno “di meno” di noi, come capacità, bontà, o altre caratteristiche, decidiamoci a guardarlo con la fiducia e la certezza che anche l’altro, anche quello che ci sembra così “poco” in tutto, in realtà è prezioso, importante, utile, bello, e che è un dono anche per noi, e che possiamo sempre fare la “caccia al tesoro” amandolo, per accorgerci che è davvero così.