Caccia al tesoro … alla gioia

Cari lettori, vi propongo una caccia al tesoro … alla gioia! voi dove cercate la gioia? Dove la trovate? Ho scoperto che le occasioni di gioia sono molte, molte più di ciò che ognuno di noi crede. Ho notato che ogni volta che la cerchiamo per prima, come obiettivo, spesso ci autoinganniamo: iniziamo cioè a credere che la gioia può esserci secondo noi “solo” in alcune situazioni, “solo” se saremo amati come vogliamo, solo se avverrano alcune condizioni e situazioni e come le desideriamo noi saremo felici, solo se non dovremo affrontare fatiche, dolori, lentezze nostre e degli altri per realizzare qualcosa, allora potremo vivere la gioia … e quante volte poi rimaniamo delusi, oppure iniziamo a vivere il momento presente, se non ha le condizioni e situazioni che vorremmo o che crediamo risolutive, come un presente deludente, pesante, senza senso o senza possibilità di un cambiamento positivo.
Ma la gioia ha le sue “strade”, non si fa rinchiudere in alcune idee, luoghi, situazioni, ma può esserci in molte più situazioni di quelle che crediamo. Penso che per vivere più gioia nella nostra vita, nel nostro quotidiano, dobbiamo prima di tutto rinunciare all’idea limitata di gioia che a volte abbiamo, per esempio all’idea che abbiamo del tempo e di come lo viviamo: il tempo non è un cattivone che vuole imporci tristezza, o fatiche, ma un “luogo” in cui noi possiamo fare la nostra parte per viverlo in modo diverso, più gioioso: infatti siamo liberi di decidere sempre se “far passare il tempo” in attesa di una gioia o situazione diversa, ma siamo anche liberi di decidere se “esserci” veramente in una situazione (in famiglia, con gli amici, a lavoro, e in qualunque altra situazione), con tutto di noi stessi, decentrati dalle nostre paturnie e pretese; oppure possiamo decidere, ma siamo noi a deciderlo,(non un vago destino che forse secondo noi ci comanda) se rifugiarci molto tempo per esempio in mondi virtuali in internet, alla ricerca di un benessere apparente, o di “fuggire” in rimuginamenti, lamentele , o nell’ atteggiamento di chiedere solo agli altri di farci star bene, di cambiare le situazioni solo loro senza il nostro contributo, convinti che non siamo noi che dobbiamo cambiare le situazioni, o che in fondo noi non possiamo fare molto, e quindi meglio non fare la nostra parte che secondo noi sarebbe troppo piccola e non cambierebbe molto ciò che non va.
Siamo anche liberi di decidere se vogliamo dare la responsabilità agli altri e a ciò che fanno o non fanno nei nostri confronti, del nostro poter vivere la gioia, e quindi dipendere dal loro umore, dal loro darci attenzione o no, dal loro aiutarci o no, oppure possiamo decidere di fare noi il primo (e secondo, terzo, ecc) passo verso l’altro, di cercare di amarlo e capirlo per primi, e soprattutto liberi interiormente dalla voglia o no dell’altro di capirci e amarci.
E che gioia vivere questa libertà interiore!
Siamo anche liberi, per esempio in famiglia, di credere che i nostri figli e gli altri nostri parenti abbiano voglia solo di rifugiarsi in internet e non abbiano voglia di fare nient’altro, siamo liberi a quel punto di metterci in un atteggiamento di passività e di giudizio e rabbia, o di atteggiamenti tentazione tipo “meglio così se passa tanto tempo su cellulare e internet. Almeno io intanto faccio altro senza che mi interrompa in ciò che sto facendo e senza che lui/lei chieda il mio tempo e attenzione proprio ora che voglio fare altro” o siamo liberi di “esserci”, di riprendere in mano noi stessi e la nostra vita, e per esempio provare noi per primi a guardare i nostri cari in un modo diverso, a proporre noi per primi qualcosa di bello, vivendo per primi ciò che proponiamo, smettendo noi per primi di stare per esempio troppo solo sui nostri cellulari o su internet, ma iniziando a guardare noi stessi e gli altri, compresi i figli, con novità, con empatia, con la voglia e la speranza di poter costruire altro, mettendo in atto piccoli gesti e decisioni che portano empatia, che fanno riscoprire la gioia del dialogo, del guardarsi negli occhi, di fare qualcosa insieme che porti del bene a tutti: da quanto tempo per esempio non facciamo una passeggiata insieme, o non ci raccontiamo qualcosa di noi, di come ci sentiamo e di cosa vorremmo e non vorremo, qualcosa di noi e di ciò che viviamo e di come lo viviamo? Da quanto tempo non proviamo ad ascoltare insieme musica, o a interessarci davvero a ciò che all’altro interessa anche se noi abbiamo gusti diversi, da quanto tempo non guardiamo insieme un bel film e lo commentiamo poi insieme, da quanto tempo non ridiamo insieme, da quanto tempo non inviamo anche solo un messaggio a qualcuno che non vediamo e sentiamo da tempo, un messaggio anche tramite cellulare, o una telefonata, di vera amicizia, vicinanza, interesse per l’altro e per ciò che vive? Forse perché siamo convinti che sia l’altro che deve chiamarci e scriverci per primo, dimostrare interesse amicizia per primo nei nostri confronti altrimenti vuol dire che non ci tiene a noi? o? ognuno può cercare e trovare o ritrovare modalità che può attuare per costruire di più un “clima” emotivo diverso, più bello.
Penso che per vivere più gioia la nostra vita siamo chiamati a scegliere di più la nostra …vera libertà interiore:
forse dobbiamo riscoprire che siamo sempre liberi di decidere con quale atteggiamento vivere le situazioni di ogni giorno: non è “inevitabile” viverle con noia, paura, o tensione, o preoccupazione.
Certo, quando c’è il dolore, quando c’è una situazione grave da vivere, in alcuni periodi ci sentiamo immersi in sofferenza e a volte scoraggiamento, ma …. Penso e ho sperimentato che anche nei dolori più forti siamo liberi,( insieme alla grande sofferenza che sentiamo a volte), di lasciare anche solo uno “spiraglio” (se non abbiamo la forza di lasciane di più) aperto a Dio, che è sempre con noi, anche quando non ci sembra vicino. Lo spiraglio di cui parlo, e che dà il permesso a Dio di farci sperimentare la Sua Pace, non è solo un atteggiamento teorico, ma io lo considero come l’insieme di due scelte che vanno di pari passo, o a volte c’è prima una o solo una e poi l’altra o solo l’altra: e cioè un movimento interiore di “consegna” e “affidamento” a Dio del nostro dolore, anche fortissimo, un non “infettare” il nostro dolore con la nostra disperazione, ma darlo e ridarlo subito a Lui, anche quando non passa o non capiamo, e un mettersi, anche “durante” la sofferenza o scoraggiamento o rabbia che sentiamo, ad amare, anche senza sentire gioia prima di amare, un mettersi e rimettersi ad amare, ciò che abbiamo qui, ora, in questo momento, e in ogni momento presente, ripartendo da gesti piccolissimi, ripartendo, se non possiamo fare altro in quel momento, anche solo dal pregare per noi stessi e per qualcun altro.
La gioia secondo me è una “conseguenza” dell’affidarsi a Dio e dell’amare e lasciarsi amare da Lui, la gioia, quella che ci propone Dio, è una gioia che può a volte anche convivere con dolori e fatiche, e che anzi spesso viene ritrovata e sperimentata dopo un nostro accettare con un pizzico di fede una fatica, un problema, una situazione che richiede anche un nostro cambiamento o la nostra parte nel metterci ad amare e perdonare.
Non temiamo, non siamo soli, neanche quando ci convinciamo di esserlo.
Dio c’è davvero, Dio ci ama, anche qui, ora. Dio è anche nelle nostre notti, e non ci lascia. Ci tiene per mano. Seguendo Dio, credendoGli, amando come ci chiede di amare Lui, ci accorgiamo che la gioia è possibile, e che dove la gioia non c’è ancora, o dove c’è un “passaggio” molto doloroso, Lui si addossa i nostri dolori, delusioni, e rabbie, Lui lo può fare, lo sa fare, fidiamoci di Lui anche nel dolore. E ricordiamoci sempre che con Lui ogni dolore non ha l’ultima parola, perché sempre, con Dio, ogni dolore ha davanti a sé l’orizzonte della Resurrezione. La Gioia qui e ora, mischiata a volte al dolore, ma reale lo stesso, e la Gioia eterna. Per sempre.