Lettera al mio orgoglio
Caro orgoglio,
che coabiti vivacemente nel mio cuore, guardiamoci un po’ in faccia io e te: in quante sfumature e aspetti ti nascondi in me in modo birichino?
Ti nascondi talmente bene che a volte non riesco (o meglio, in fondo in fondo non voglio) a riconoscerti, e attribuisco alcuni miei pensieri, atteggiamenti, reazioni e scelte, ad altro.
Il tuo nome, “orgoglio”, e ciò che sei, istintivamente mi dà un po’ fastidio, perché spesso preferisco credere che io sia quasi sempre umile, buona, brava e seria persona, e che quello che penso, dico, scelgo e faccio nasca quasi sempre o sempre da motivi validissimi.
Ad esempio quando, convinta che solo io so cosa è giusto per me e per gli altri, decido di dar retta alla salvatrice del mondo che è in me, sempre presente, e decido di farla agire nel nome di una non ben specificata “giustizia”: quante volte, infatti, caro orgoglio, ti scelgo come criterio e giustificazione, chiamandoti con altri nomi tipo: “ criterio universale”: e cioè: si deve fare così, il bene è questo lo sanno tutti, quella persona deve cambiare e fare così e cosà, e se pensa parla e agisce diversamente, devo correggerla, punirla, ignorarla, perché io ho abbastanza bontà e intelligenza, abbastanza esperienza da sapere cosa è bene e giusto”. Oppure quando ti definisco con il nome di “conoscenza”: e cioè: “Io conosco bene ormai quella/ quelle persone, e se non le conosco intuisco bene e so bene le loro motivazioni, le loro intenzioni, i perché e cosa pensano e vogliono, e intuisco bene dai loro atteggiamenti, che dicono e fanno così perché sono superficiali, egoiste, cattive, vuote, indifferenti, incapaci, troppo sensibili, troppo fredde”, e chi più ne ha più ne metta! Oppure anche quando ti definisco “capacità”: quando, cioè, credo che evitare di dialogare con qualcuno su ciò che succede, e che riguarda anche lui/lei, ed evitare di farmi conoscere su cosa penso e su cosa scelgo di fare, sia giusto perché sto “solo” usando le mie capacità per evitare problemi (e ahimè così contribuisco a creare più malintesi); o quando mi convinco che posso e “devo” decidere e gestire al posto di qualcuno cosa è bene, e cosa deve fare, e quale è il suo bene, convincendomi che ho più esperienza, che non c’è niente di male, che è l’altro esagerato, permaloso, se si dispiace e non capisce, e mi do la giustificazione che quindi non vale la pena parlargli, comprendersi, ascoltarlo. Oppure quando ti definisco con il nome di “correzione”, con pensieri tipo: “Eh no, non faccio io il primo passo, è l’altro e solo l’altro che ha colpa e che mi ha ferito, è l’altro e solo l’altro che non vuole capirmi, parlarmi, ascoltarmi, ed è l’altro e solo l’altro che deve cercarmi, chiedermi scusa, capirmi, dimostrarmi che mi vuole bene, prima di questo non merita la mia attenzione e tenerezza, la mia comprensione e ascolto”.
E quanto male mi faccio e faccio agli altri quando ti scelgo come criterio e modo di pensare e agire!
Mio caro orgoglio, non voglio condannarti od odiarti, perché se lo facessi, attiverei solo guerre dentro e fuori di me, incolpando te e gli altri, le situazioni, la vita.
Tu caro orgoglio in fondo sei come un coperchio, che metto sopra i miei pensieri, le mie emozioni, i miei dispiaceri e le mie paure, compresi a volte i pensieri di poca amorevolezza e poca fiducia in me stessa, in alcuni momenti e periodi.
Non lo fai apposta a complicarmi le cose, e a favorire alcuni miei pensieri e scelte che fanno del male prima di tutto a me e poi anche agli altri.
E mi rendo conto che, se voglio interagire con te in un modo diverso, smascherandoti ogni volta e smettendo di darti potere nel mio cuore, devo prima guardarti, guardarti davvero con umiltà e sincerità, devo far pace con te, accettando che anche io, in quanto creatura imperfetta e piena di limiti, ho in me te come coinquilino nel mio cuore, e che spesso preferisco scegliere te invece di amare, amare davvero gli altri e me stessa.
E ti confido, mio caro orgoglio, che una delle volte nelle quali mi fai più male è quando ascolto la tua bugia che mi dice che per essere amata da Dio devo essere brava, buona, capace, insomma…super, quasi perfetta. Ecco, questo è uno degli inganni più grandi che mi fai. E che, quando ti credo, porta come conseguenza a credere che devo controllare tutto, che devo controllare come sono gli altri e cosa fanno e perché, e che mi porta a difendermi anche da Dio e dal Suo Amore, convincendomi che se credo a Dio, e se credo davvero al Suo Amore per me, questo mi annullerà, mi farà soffrire di più, mi renderà “debole”….e mi impedirà di essere felice. Eppure, so e ho sperimentato tantissime volte, caro orgoglio, che è esattamente il contrario, è proprio accettando le mie fragilità, le mie paure, i miei limiti, e accettando anche l’imperfetta bellezza di ciò che sono, come lo è nel suo modo unico ogni creatura, è soprattutto così che posso scoprire e sperimentare che sono una figlia amata, amatissima sempre da un Padre, Dio, che è sempre con me e con ognuno di noi e ci vuole davvero felici.
Quindi, mio caro orgoglio, ti perdono per gli inganni che mi fai, e so inoltre che non lo fai per cattiveria, ma lo fai, dal tuo punto di vista, per “proteggermi” , proteggermi dalla mia verità di creatura limitata e meravigliosa lo stesso, così come è, con ogni suo limite, sbaglio, paura e difficoltà.
Caro orgoglio, ti propongo di fare squadra con me: aiutiamoci a fare ogni giorno pensieri, scelte e atti di fiducia, di vera conversione, di amore, atti di fiducia in quel Dio che davvero ci ama e che ci sa rendere davvero felici, felici anche nel “misto” del nostro cuore e della nostra vita.