Io posso capire e aiutare te, tu puoi capire e aiutare me

“Io posso capirti, e posso aiutarti in ciò dove hai difficoltà, tu puoi capirmi e aiutarmi in ciò dove io ho difficoltà. Ciò che io ho imparato, ciò che per me è facile, ciò che riesco a fare con coraggio, posso metterlo a disposizione anche per te, e ciò che tu hai imparato, ciò che tu riesci a fare facilmente, e con coraggio, puoi metterlo a disposizione anche per me, come attenzione e dono.”

Quanto è bello comunicare reciprocamente così! Quanto è bello poter vedere ciò che l’altro non riesce a fare, ciò in cui ha tanta paura e fa fatica a fare, le sue difficoltà in qualcosa, come occasione per amarlo meglio, per collaborare e donargli con umiltà ciò che invece per noi è facile, ciò che già sappiamo fare e dove abbiamo meno difficoltà! E quanto è bello che anche l’altro desideri fare lo stesso nei nostri confronti! Spesso però purtroppo, siamo tentati di guardare, interpretare, giudicare le difficoltà dell’altro, le sue paure, ciò che non ha imparato a fare, la sua poca capacità in qualcosa, come una forma di pigrizia da parte sua, come un egoismo e una sua ostinazione a farlo apposta a non imparare, a non amarci, a non voler usare le sue risorse, perché, se volesse, potrebbe farlo, visto che noi ci riusciamo, e pensiamo sia questione solo di buona volontà.

E cosa porta a noi e all’altro questo modo di guardarlo e guardare noi stessi? Porta lontananza, porta incomprensioni, porta muri dove non si collabora, dove non ci si capisce, incolpando l’altro, credendo che è comunque l’altro che non vuole capirci, che ci giudica, che non vuole aiutarci e non vuole essere aiutato da noi.

Cosa possiamo fare di diverso?

Possiamo iniziare a guardare le nostre risorse, le nostre capacità ciò che siamo capaci già di fare, il nostro coraggio in ciò che ci fa paura, come ciò che sono: talenti, risorse che abbiamo sviluppato. E possiamo smettere di dare per scontato che ciò che noi abbiamo ricevuto, imparato, che le nostre capacità e talenti siano le stesse identiche cose che tutti hanno, che è normale per essere validi e apprezzabili avere e usare quelle specifiche abilità e capacità.  E possiamo  guardare in un modo diverso le lacune, le difficoltà che hanno gli altri, semplicemente come sono: difficoltà, paure,  lacune. Smettendo di voler dare la nostra interpretazione sul perché l’altro fa fatica,  sul perché non riesce in qualcosa come noi, non trova il coraggio di essere forte come noi in qualcosa, sul perché ha paura dove noi non abbiamo paura. E possiamo fare ancora di più, ogni volta un passetto in più: possiamo decidere di mettere a disposizione dell’altro la nostra comprensione, la nostra empatia, la nostra disponibilità ad aiutarlo. Rinunciando alla tentazione di pensare e credere che “Devo spronarlo, arrabbiandomi e trattandolo duramente; oppure devo ignorarlo, perché fa solo capricci e lamentele, è chiaro,  e lo faccio per il suo bene, è per dargli una svegliata”, oppure pensando e credendo: “lui/lei fa così perché è incapace, è un pauroso, è egoista, è pigro”.

Un modo in cui possiamo cambiare il nostro modo di pensare e giudicare, è provare per esempio a ricordare con empatia a noi stessi, che , come diceva lo psicologo Carl Gustav  Jung, ciò che ci irrita negli altri può aiutarci a comprendere noi stessi: e cioè, che quando qualcosa dell’altro è per noi motivo od occasione  di grande irritazione e nervosismo, rabbia, esasperazione, quando cioè la nostra reazione e interpretazione è come un  sentirsi punti sul vivo, una reazione emotiva molto forte e intensa, significa che è un segnale per aiutarci a cercare quella cosa anche in noi, perché se ci irritiamo così tanto, vuol dire che ci entriamo in risonanza, e che  abbiamo una parte di quella difficoltà che rimproveriamo all’altro, anche in noi.

Perché, se fossimo sereni e in pace con noi stessi e con quegli aspetti dell’altro, con quelle sue paure, difficoltà  e ferite, reagiremmo in un modo forse anche dispiaciuto, dispiaciuto per come soffre l’altro, ma più sereno e pacifico, e con più apertura ad aiutarlo e capirlo.

Facciamo pace con noi stessi, con le nostre difficoltà, lentezze e resistenze, con le nostre paure, e con le difficoltà e paure dell’altro. Facciamo qualcosa di diverso: aiutiamo e incoraggiamo  l’altro in ciò in cui ancora non riesce, in ciò in cui ha ancora paura, in ciò in cui si chiude o affronta con tanta fatica. E aiutiamo l’altro a fare lo stesso nei nostri confronti. Ognuno di noi, anche chi sembra avere solo difficoltà, paure ed egoismi, ha anche risorse che in modo diverso e tempi diversi ha sviluppato e che può donare all’altro, può metterle a disposizione per aiutarlo e collaborare meglio insieme, volersi bene e comprendersi.

Mettiamo in circolo il dono della nostra diversità, e accogliamo il dono della diversità dell’altro;  mettiamo in circolo l’empatia, la voglia e la possibilità di metterci in discussione con umiltà, la voglia e la possibilità  di aiutare e di lasciarci aiutare. E scopriremo meglio anche la bellezza e l’importanza della nostra unicità e dell’unicità degli altri.

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