Dal ghiaccio all’empatia

Quante volte siamo dispiaciuti nel constatare che alcune interazioni con gli altri (parenti, amici, conoscenti) hanno la caratteristica dell’apparente clima freddo e indifferente? Nella vita di ognuno di noi a volte c’è qualche rapporto con gli altri o con qualcuno in particolare che diventa come…ghiaccio. Un ghiaccio che sembra impossibile da sciogliere, perché lo nutriamo, sia noi sia l’altra persona, con alcuni pensieri e convinzioni, che pian piano senza accorgerci diventano la nostra abitudine di fondo verso quella persona o quel determinato gruppo di persone.

Proviamo a vedere insieme alcune di queste convinzioni:

Ormai“. La parola e il concetto di ormai mette muri, in noi stessi e con gli altri, e contribuisce a cristallizzare incomprensioni, paure, chiusure e scoraggiamenti nostri e a volte anche da parte degli altri. Quando per esempio consideriamo ormai una perdita di tempo e inutile, dopo un determinato evento o situazione, interagire con qualcuno che non capiamo e dal quale non ci sentiamo capiti e apprezzati. O quando interpretiamo ogni dettaglio e atteggiamento nostro e degli altri come un grande “ormai”.

Tanto non gliene importa niente di me, visto che non mi parla, non mi cerca, non propone mai niente da fare insieme, non si interessa a come sto“. Il “Tanto non gliene importa niente di me” è un pensiero che ci porta poi a scegliere di avere sempre più atteggiamenti e abitudini a non cercare neanche noi quella o quelle persone, a sentirci in diritto di sentirci vittime incomprese e non amate, e a considerare l’altro e gli altri pieni di indifferenza nei nostri confronti. E pian piano, se ci convinciamo di questa realtà senza verificare con l’altro se è davvero così, iniziamo a convincerci che all’altro non importa niente di noi, e quindi, di conseguenza, giustifichiamo la nostra reazione di non interagire più con lui/lei/loro, e ogni nostro atteggiamento, che a noi sembra solo una risposta e l’unica risposta che possiamo dare a noi stessi e agli altri, inizia a costruire…ghiaccio con l’altra persona, freddezza, smettendo di interessarci noi agli altri, di cercarli, di ascoltarli, di proporre qualcosa di bello da fare insieme, di collaborare e aiutare, perché ci facciamo guidare dalla convinzione che tanto gli altri ci ignorano. E ogni loro atteggiamento di chiusura verso di noi lo interpretiamo solo come una conferma della loro indifferenza. E ci sentiamo sempre più vittime impotenti, ci sentiamo i “buoni” e solo “buoni” che hanno già fatto capire che ci tengono agli altri  ma che non sono stati accettati e capiti. Ma spesso, molto spesso, il nostro ripiegarci su noi stessi, con queste convinzioni,  diventa un esprimere  esternamente anche noi all’altro proprio ciò che a noi fa tanto soffrire, e cioè…un atteggiamento di apparente indifferenza e disinteresse, di disprezzo, anche se  dietro il nostro atteggiamento c’è solo a volte  scoraggiamento o paura di  non essere amati o accettati. E non riflettiamo che anche l’altro a volte si convince che lo stiamo ignorando e che non ci importa niente di lui/lei, proprio per i nostri atteggiamenti…. apparentemente chiusi e freddi.

Cosa possiamo fare? Possiamo smettere di dare per scontato che il ghiaccio tra noi e l’altro sia  responsabilità  solo dell’altro, e possiamo smettere di credere e pensare che noi siamo sempre aperti, sempre accoglienti, sempre disponibili o sempre rifiutati. Possiamo accettare la sana responsabilità di guardare in faccia con onestà ed empatia verso noi stessi in cosa ci siamo convinti che siamo ignorati, e cosa stiamo facendo noi che invece di trasmettere il nostro scoraggiamento e dispiacere all’altro e cosa pensiamo e desideriamo veramente, trasmettiamo con il nostro  atteggiamento  apparente indifferenza, freddezza, mentre invece spesso o a volte siamo solo chiusi, scoraggiati, e alla ricerca per questo solo di dettagli e segni da parte dell’altro che ci confermino che abbiamo intuito bene.

A volte non ci viene il “sospetto” che anche l’altro possa sentirsi non amato da noi, ignorato, non capito e  non accettato e apprezzato, perché spesso siamo orgogliosamente convinti che noi, la nostra parte, la facciamo sempre, che noi, siamo chiari, semplici, estroversi, calorosi, che noi facciamo capire chiaramente che ci teniamo all’altro. E invece a volte no. A volte crediamo per esempio che se gli altri ci vogliono bene devono leggerci nel pensiero, amarci, capirci magicamente, solo perché siamo noi, e senza accorgerci inneschiamo un atteggiamento in cui dipende solo dall’altro capirci e conoscerci davvero, e noi non facciamo niente per farci conoscere davvero. Ed è molto più liberante accorgercene e decidere di fare la nostra parte e interessarci all’altro, e decidere di smettere di avere atteggiamenti che esprimono disinteresse, anche se noi siamo convinti di esprimere solo il nostro dispiacere e scoraggiamento.

Un’altra convinzione che a volte abbiamo è che “siamo troppo diversi, non mi piace niente dell’altro e di ciò che ama”, anche questo a volte è una convinzione dalla quale ci facciamo guidare quando notiamo le tante differenze di carattere, abitudini, tradizioni, gusti e obiettivi, atteggiamenti tra noi e gli altri, e  a volte ci convinciamo che mai e poi mai ci potrà essere un punto di contatto, un comprendersi, un collaborare insieme, un apprezzarsi reciprocamente e fare alcune cose insieme. In questo caso attiviamo a volte senza rendercene conto il “o tutto o niente”, e cioè “o quella persona mi assomiglia, ama le stesse cose che amo io, ha abitudini e tradizioni che ho io,  o fa scelte che faccio anche io, oppure non c’è nessuna possibilità di creare amicizia affetto o comprensione”: dimentichiamo in quei momenti che tra  l’avere gli stessi gusti e interessi e valori, tra il creare una amicizia o interazione perfetti, totali, assoluti, pieni solo di comprensione, e il nulla, l’impossibilità di conoscersi e apprezzarsi e aiutarsi, e dialogare, fare cose insieme, c’è la via di mezzo, c’è la gradualità, c’è quella terra di mezzo dove è molto più realistico e facile incontrarsi, conoscersi davvero, comprendersi, rinunciando alla pretesa di situazioni perfette o di totale e assoluta comprensione o somiglianza. Anche dove non si hanno gusti e valori uguali, anche dove si è diversi, si può costruire molto, soprattutto se si accetta con empatia e amore di guardare pensare e accogliere l’altro anche nelle sue diversità, e se siamo aperti a cogliere il bello e  il bene che c’è anche nelle idee, atteggiamenti, scelte, gusti, valori e  caratteri diversi.  Come vogliamo sia sempre fatto verso di noi. Non perdiamoci il bello e il bene che è anche l’altra persona, anche colui/colei che sembra solo troppo diverso/diversa da noi.

Scegliamo l’empatia: scegliamo di iniziare e ricominciare a chiederci come sta l’altro, perché fa così, in cosa abbiamo costruito un clima freddo nella parte che riguarda noi, chiediamoci se esprimiamo freddezza e chiusura o se esprimiamo  il nostro dispiacere e la nostra  voglia di capirci con l’altro. Chiediamoci cosa sta vivendo l’altro, e cerchiamo di conoscerlo davvero, anche quando è un parente e siamo convinti di conoscerlo bene da anni. Chiediamoci che tipo di comunicazione ha l’altro, e che significati da’ ad alcune espressioni e scelte, ma soprattutto, chiediamolo alla persona, manifestiamogli non solo con il pensiero ma con un dialogo e scelte e azioni che costruiscono più empatia e amore il nostro interesse per lui/lei, per come sta, e il nostro desiderio di comprenderlo e cerchiamo insieme un modo di trasformare incomprensioni e freddezze in una rinnovata empatia e collaborazione. E per farlo abbiamo bisogno di voler accettare l’altro così com’è, non come vorremmo che fosse e si comportasse. Come vogliamo sia sempre fatto verso di noi.

Articoli correlati