Qualcosa che possiamo accettare
“Questo proprio non lo accetto!”. Quante volte abbiamo pensato o detto così? Spesso ci convinciamo di non poter proprio accettare determinate prove, e tra le prove ci può essere anche il non essere accettati, accolti, amati e considerati da qualcuno. In questo caso, a volte ci arrabbiamo tanto, convinti che sia intollerabile, tremendo, e da cattivi da parte degli altri non accettarci. “Ma come”, siamo tentati a volte di pensare, “con tutto quello che ho fatto per lui/lei, con tutta l’amicizia, la gentilezza, e l’aiuto che gli/le ho dato, perché mi tratta con così poca simpatia e attenzione?” oppure ci sembra incredibile che gli altri non notino quanto siamo sensibili, affettuosi, quanto siamo molto meglio di ciò che loro credono. E in quei casi tendiamo a reagire a volte chiudendoci, soffrendo perché incompresi nonostante l’evidenza di quanto siamo importanti e amabili, e che è colpa solo dell’altro se non ci apprezza e non ci capisce, o non ci tratta con tutte le attenzioni che vorremmo e che ci sembrano il minimo per tutti.
E spesso aspettiamo che gli altri cambino, per poterli trattare con abbastanza attenzione.
E spesso non ci accorgiamo che c’è qualcosa che possiamo accettare, nonostante ci scandalizzi un po’: possiamo accettare di non essere apprezzati, capiti, amati, considerati da tutti o da quelle persone che invece per noi sarebbe importante ci apprezzassero. Ma più ci attacchiamo al senso di ingiustizia che sentiamo nel non essere davvero capiti, conosciuti, amati, cercati, più tendiamo senza accorgerci a fare musi lunghi, a parlare con toni che a noi sembrano normali e corretti e invece esprimono buio, o poco calore e attenzione, anche se a noi dal di dentro ci sembra solo di parlare facendo in qualche modo capire quanto siamo dispiaciuti di non essere considerati come vorremmo e come sarebbe per noi giusto.
Che fare in questi casi?
Possiamo provare a metterci un po’ in discussione e vedere come davvero ci esprimiamo e cosa esprimiamo, non solo a parole, ma con pensieri, azioni, scelte, atteggiamenti, verso quella o quelle persone che ci esprimono tutto tranne che amorevolezza, attenzione, accoglienza. Possiamo inoltre decidere di fare più verità in noi e vedere in quali aspetti noi non abbiamo un atteggiamento poi così tanto attento, amorevole, disponibile, empatico, rispetto a ciò che credevamo di noi. Possiamo fare più verità in noi non per scoraggiarci, non per stare solo a soffrire nel vedere dove sbagliamo e dove abbiamo sbagliato, ma per vedere e cercare di capire come cambiare ciò che in noi non ci porta ad amare davvero ma solo a fuggire, difenderci, contrattaccare se siamo feriti o non capiti.
Possiamo decidere di guardare davvero in noi dove in realtà ancora non abbiamo scelto di pensare, esprimere e donare amorevolezza, comprensione, pazienza, gioia, attenzione, troppo presi a volte dal cercare e aspettare che sia l’altro a darci tutto questo, a fare e donarci per primo ciò che anche noi possiamo fare, gratuitamente, senza aspettare i meriti dell’altro o l’attenzione da parte dell’altro, o un suo cambiamento.
C’è anche una certa bellezza e pace nel guardare bene in noi e nelle nostre interazioni con gli altri, nel nostro modo di interagire con una determinata persona.
Forse a volte, per timore di guardare in noi cosa è importante modificare, tendiamo a crederci sempre amabili, buoni, bravi, e deduciamo questa cosa solo dal tipo di interazioni positive e già belle che abbiamo con alcune persone, dispiegando senza accorgerci un “velo” su ogni nostro comportamento e interazione con gli altri, come se, essendo già stimati e visti da alcune persone, questo bastasse per farci credere che siamo così bravi e amabili con tutti, e che in realtà chi non se ne accorge o ci tratta male è “perché è cattivo, egoista, non ci capisce”…
…e se invece il motivo fosse che anche noi, come l’altro, in qualcosa non abbiamo scelto solo il bene, anche noi in alcuni momenti o spesso lo abbiamo escluso, non stimato, non capito, non cercato, non perdonato, o giudicato?
Spesso inoltre siamo tentati di credere che non possiamo accettare di guardare e trovare in noi quel non ben identificato misto di egoismo, bene e male, ripicca, tristezza, voglia di vendicarci o di punire, perché a quel punto temiamo di sentirci solo cattivi o poco amabili: tendiamo a volte infatti a ragionare con il tutto o niente, e cioè “O io sono e mi vedo come una persona buona, gentile, amabile, capace, estroversa e accogliente, altruista, oppure se scopro anche miei egoismi e obiettivi poco belli, e se vedo in me rabbia o altro, allora non valgo niente, allora non sono abbastanza piacevole e buono”, e lo stesso pensiamo degli altri.
Ma la vita grazie a Dio non è “o tutto o niente”, e noi non siamo “o tutto o niente”, ma siamo, come tutti su questa Terra, creature imperfette, con un “misto” di bene e male nel cuore, e preziosissime perché amate da Colui che ci ha creato, e che ci ama così come siamo, e che non si scandalizza e non si vergogna di noi e dei nostri sbagli, lentezze, limiti, rifiuti, fughe.
Dio ci ama, Dio ci cerca e ci vuole con Lui anche quando Gli voltiamo le spalle, anche quando giudichiamo noi stessi e gli altri, anche quando vorremmo sentirci e crederci solo perfetti e superiori agli altri.
Molliamo gli ormeggi della nostra paura e presunzione di dover e voler essere i buoni che aspettano che i cattivi cambino nei loro confronti, mettiamoci in discussione, non per scoraggiarci, ma per amare, per crescere, per cambiare e portare gioia e vera libertà e pace nella nostra vita, e per farci conoscere davvero dagli altri, e per imparare noi per primi a conoscere davvero loro.