Cosa  ne facciamo della nostra sensibilità?

Cosa ne facciamo della nostra sensibilità? Per noi è un intralcio o un “superpotere” speciale? Cosa possiamo fare per renderla ancora di più qualcosa  che non ci  intralcia e non ci “comanda” ma che diventa quello che di fondo è già, e cioè una “forza” bellissima, un dono per noi stessi e per gli altri? A volte vediamo  la nostra sensibilità  come un peso, un intralcio, qualcosa che invece di aiutarci a interagire armoniosamente con gli altri e con noi stessi, ci fa soffrire “troppo”, ci acceca, e ci crea problemi anche con le persone.

E, spesso, la decisione di come usare e vivere la nostra sensibilità non parte  prima dalle nostre emozioni, dal nostro “sentire”, ma da cosa pensiamo di quel nostro sentire e da come lo usiamo: ad esempio, se ci siamo abituati a pensare e a credere di fondo che esistono tre categorie di persone, e cioè le sensibili, quelle “troppo” sensibili e strane, esagerate, e le insensibili, “aride”, questa nostra convinzione ci farà reagire molto male quando interagiamo con una persona che secondo noi rientra nella categoria “troppo sensibile” o “insensibile” perché in realtà la giudichiamo, e in qualche modo la rifiutiamo. E a volte queste etichette le mettiamo anche su noi stessi, giudicandoci.

Eppure, in realtà, tutti, ma proprio tutti, nessuno escluso, sono dotati di sensibilità, una sensibilità bella, unica, originale, preziosa, utile, e che se usata con amore, è un dono prezioso anche per gli altri. A volte succede che possiamo avere un po’ paura di farla vedere questa nostra sensibilità, per vari motivi, tra cui il timore di essere considerati “deboli” , attaccabili, o semplicemente “fuori dal coro”; e in quel caso tendiamo a nasconderla, a far vedere di noi solo alcune parti, che ai nostri occhi decidiamo che siano le parti più “forti, e ragionevoli”. Oppure, possiamo rendere la nostra sensibilità un “idolo”, un aspetto di noi che rendiamo quasi l’unica cosa da far vedere di noi, e che non regoliamo, perché è la conseguenza anche della nostra convinzione del “tutto o niente”, “bene o male”, “emozioni o freddezza”, e in questo modo la rendiamo nostra unica, principale bussola e guida di ciò che sentiamo, delle nostre emozioni. E poi, in fondo in fondo, a volte siamo tentati di credere che noi siamo sensibili, molto sensibili, e invece gli altri no, non tanto, non come noi, (e secondo noi ne abbiamo certissime prove) ,e che la nostra sensibilità è comunque superiore e migliore di quella degli altri, i quali, ogni volta che non ci capiscono e non accettano ciò che desideriamo e ciò che pensiamo diciamo e facciamo, diventano ai nostri occhi “insensibili ed egoisti, aridi”, o “esagerati, strani, troppo sensibili”.

Cosa possiamo fare per rispolverare la nostra sensibilità e renderla un dono armonioso  per noi stessi e per gli altri?

Qui trovate alcuni spunti, e sarebbe molto bello che ognuno di voi  cercasse  e trovasse i propri personali spunti da donare anche agli altri, perché quando ci aiutiamo tutti  reciprocamente, inneschiamo circoli di amore che fanno tanto bene.

Alcuni spunti: possiamo cambiare i nostri pensieri, il nostro modo di guardare la nostra sensibilità, e la sensibilità degli altri. Possiamo scegliere di accettare che davvero tutti, abbiamo sensibilità, e che chi sembra non averne o non esprimerla, ha solo un pochino più di paura a vederla, viverla, e donarla, e noi possiamo aiutare, invece di giudicare, chi sembra “freddo e arido”, offrendogli ascolto, empatia, imparando a conoscerlo e amarlo oltre le apparenze, e questo vale anche verso chi ci sembra solo “troppo sensibile”.

La nostra sensibilità è un talento,  un dono grandissimo, che ci permette di gustare di più tutto, ci permette di avere attenzione ed empatia verso gli altri con un cuore caloroso e partecipe, cogliendo anche le loro silenziose solitudini o sofferenze, e  aiutandoci a metterci “accanto” a loro di fondo;  ci permette di vivere pienamente. Certo, l’altra faccia della medaglia è che la nostra sensibilità, è anche colei che ci fa “sentire” di più tutto, comprese la sofferenza, la fatica, la paura, la rabbia, e ogni sentimento ed emozione. Eppure, ne vale la pena. Eppure, possiamo “prendere in braccio” la nostra sensibilità e aiutarla ad amare.

E quando amiamo anche con la nostra sensibilità rendendola non più un’arma con cui ferire gli altri, (o un peso sotto il quale ci ripieghiamo  scoraggiati e afflitti)  ma un dono per aiutarli e valorizzarli, e per lasciarci aiutare e amare anche da loro, allora ci accorgiamo che la sofferenza, la fatica, sono solo “coinquiline” della nostra natura umana imperfetta, e che non hanno quel tremendo potere su di noi come a volte  crediamo.

Per poter amare, dobbiamo ogni volta decentrarci, e spostare almeno un po’ il “riflettore” da noi agli altri. E questo decentrarci, che apparentemente ci può sembrare solo un “annullarci”, in realtà costruisce. E fa bene anche a noi.

Quando scegliamo, perché è sempre una nostra scelta, di rendere la nostra sensibilità e i nostri pensieri luoghi e opportunità per amare, possiamo sperimentare che dono davvero grande abbiamo ricevuto  e possiamo donare a nostra volta. Un dono che abbiamo ricevuto da Qualcuno, Dio,  che ci ama  immensamente, così come siamo, e ci ama davvero con un Cuore più sensibile e caloroso di ciò che crediamo.

 

 

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